sabato 11 gennaio 2014

Rinegoziazione del debito e sovranità monetaria Moffa: “Europa del capitale finanziario e non dei lavoratori, né delle imprese produttive”


Tra pochi mesi (nella seconda metà di maggio) si terranno le elezioni europee. Il tema dell’Europa, dell’euro, della sovranità monetaria, però, ha suscitato critiche e posizioni differenti all’interno del panorama politico italiano (ed europeo).
Alle scorse elezioni del Parlamento di Strasburgo a testimonianza del cambiamento di più di una fase politica, non vi era nessuna forza che propugnava l’uscita dall’Europa o la rinegoziazione dei trattati, o meglio: c’era qualche piccola formazione che, tacciata di radicalismo di destra e di sinistra, iniziava ad aprire un dibattito per una vaga ridiscussione dei trattati. Il risultato delle elezioni europee del 2009 era stato, comunque, una sorta di conferma delle elezioni politiche del 2008: Pdl in testa con la Lega che toccava picchi mai visti (così come la fu Idv di Antonio di Pietro), Pd che annaspava e la sinistra a sinistra dei democratici divisa ma che teneva in piedi un minimo di struttura rimasta dopo il disastroso esito delle elezioni dell’anno precedente.
Le forze europopuliste ed euroscettiche - due termini “diversi ed opposti”, come ha ricordato il docente di strategia e relazioni internazionali presso l’Università di Trieste Arduino Paniccia – hanno cominciato da avere un impatto notevole sull’opinione pubblica, dal momento in cui i governi di Paesi in crisi hanno dovuto eseguire, per filo e per segno, delle disposizioni che arrivavano direttamente da Bruxelles. In Italia tutto questo si è tradotto nei tredici mesi di Governo Monti, nell’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione e in una serie di tagli lineari per rimanere sotto la soglia del 3% del debito pubblico.
Di qui l’euroscetticismo e l’europopulismo di alcune forze politiche. D’altra parte, però, molti intellettuali, giornalisti, economisti, anche di diversa estrazione politica, hanno iniziato a teorizzare una ridiscussione ed una disobbedienza ai trattati. Questi sono i temi del libro 'Rompere la gabbia: sovranità monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisi' del docente dell’Università di Teramo Claudio Moffa.
Secondo Moffa, la rinegoziazione del debito e la riacquisizione della sovranità monetaria sono una priorità assoluta, come recita il titolo del suo volume. Per cui è possibile ridiscutere i trattati e riacquisire sovranità di bilancio come ha fatto l’Irlanda? “Certamente, anche se il caso Irlanda non è esattamente lo stesso nostro. Sicuramente tra le due posizioni, obbedienza cieca alle direttive europee e della BCE da una parte, e dall’altra fuori dall’Europa o fuori dall’ euro, ci possono essere vie intermedie purché finalizzate al recupero degli obbiettivi strategici, la sovranità monetaria innanzitutto, e percorse con determinazione, senza servilismi. Sulla questione eurosì/eurono io non mi pronuncio. Nel senso che, innanzitutto, uscire dall’euro non basta perché se la Banca d’Italia resta privata come adesso,  cioè se l’emissione monetaria della nuova lira - o dell’eurolira, o della nuova moneta nazionale - resta in mani private. In questo caso non c’è nessuna rivoluzione e nessuna soluzione del problema di base. Il problema di base è quello della riacquisizione, non soltanto della sovranità monetaria, ma della riacquisizione del reddito da sovranità monetaria -il cosiddetto signoraggio- da parte dello Stato. Il problema è che lo Stato, come diceva il premio Nobel dell’economia  Allais - deve essere l’unico ad avere il diritto/dovere di emettere moneta e non devono esistere banche centrali private come la BCE o come la Banca d’Italia che gestiscano l’emissione monetaria e ne usurpino i frutti”.
Per Moffa dunque, l’Europa non è  dei popoli’, e neppure delle quella delle imprese,  è l’Europa delle banche e del capitale finanziario: “E’ chiarissimo dai  fatti: nel 2013 le borse hanno guadagnato, la disoccupazione è invece aumentata enormemente, e migliaia di aziende hanno chiuso i battenti. Nel 2011, a dicembre, la BCE ha regalato alle banche private 419 miliardi di euro, all’1 per cento, ma alle imprese non è arrivato nulla, o quel poco che è stato concesso sotto forma di prestito, è stato dato a un tasso di molto superiore. “Quando ho sentito la notizia – mi ha detto il Presidente della Confidustria di Teramo in occasione della presentazione del mio libro a Teramo – sono rimasto molto contento, mi aspettavo ossigeno per le nostre imprese in crisi, ma poi sono rimasto deluso”. Vede, persino a livello lessicale, le parole ricorrenti nel Trattato dell’Unione Europea  ci dicono che l’Europa è chiaramente l’Europa delle banche e della finanza: le voci banche finanza e derivati o plurali, assommano a 72; BCE e BCN a 47.
Ma il termine industria e affini compare solo 9 volte, e le piccole e medie imprese – categoria non solo italiana – appena 2 volte.  Quanto a lavoro e lavoratori, siamo a quota 5 ma solo per parlare no dei loro diritto, ma del ‘lavoro irregolare’, della ‘libera circolazioni” o del ‘costo del lavoro’-

L’obiezione, però, che viene da chi è contrario al ritorno della moneta nazionale è che essa si troverebbe ad essere svalutata moltissimo: “Diciamo che il problema è questo: chi gestisce la moneta. Ripeto, il nodo fondamentale è che a questo punto la Banca d’Italia, che è stata un ente di diritto pubblico di nome di fatto dal 1936 al 1992, ridiventi almeno quello che era prima del 1992. Prima, cioè, della  privatizzazione di tutta l’industria di Stato  e quindi – visto che l’IRI aveva al suo interno delle banche di interesse nazionale a prevalenza di capitale pubblico – della Banca d’Italia.  Quindi il problema vero è questo, dopodiché che venga svalutata o no (la moneta, nda) dipende dal Governo. Questo  spauracchio della svalutazione e dell’inflazione, non mi pare debba essere posto in questi termini assoluti come alcuni dicono. Molti altri economisti sostengono innanzitutto che a questo punto l’inflazione sarebbe il male minore, e poi  che un minimo di inflazione controllata è tollerabile, se l’aumento della massa monetaria da parte dello Stato è finalizzata agli investimenti in grandi opere pubbliche – un po’ come fece Roosevelt dopo la crisi del ’29 - per rilanciare con l’effetto indotto tutta l’economia nazionale e per affrontare così il dramma della chiusura delle aziende e della disoccupazione galoppante.

Pareggio di bilancio in Costituzione, Fiscal Compact,  e agenzie di rating come Jp Morgan che avevano bollato le Costituzioni di alcuni Paesi europei come socialiste: per Moffa tutto questo rappresenta l’ultima frontiera di attacco alla democrazia: “è paradossale, ma io credo che abbiamo avuto una degenerazione del quadro politico, come scrivo nel libro, dal punto di vista economico e  dal punto di vista dell’abrogazione della sovranità monetaria, da Tangentopoli in poi. In Tangentopoli c’era un problema reale, una corruzione di molti politici (ma non di tutti), ma con questa motivazione si è distrutta la prima Repubblica e si è privatizzata tutta l’industria di Stato. Eni, Iri, Agip eccetera eccetera. È stato un grave danno per l’economia del Paese. Poi è arrivata l’Europa ma quest’Europa, ma non è certo l’Europa democratica e poratrice di pace che sognavano i padri fondatori, da Spinelli a De Gasperi e Adenauer. E’ un’Europa che assomiglia ad un Leviatano, con gli Stati un tempo sovrani al posto dei cittadini che componevano il corpo del mostro biblico, secondo l’iconografia tradizionale del XVII secolo”.
Un nuovo Leviatano?
“E’ il titolo di un convegno a Teramo: questa Europa dà ordini agli Stati un tempo sovrani e che fondano questa lesa sovranità, comunque, attraverso elezioni a suffragio universale. Il Parlamento europeo non conta nulla e non conterà mai nulla se non si imporrano nuove regole.  E’ questo contesto e questa tradizione di potere che hanno creato l’assurdo motto “lo vuole l’Europa’ con cui i nostri politici hanno giustificato l’ accettazione supina delle peggiori nefandezze di Bruxelles e Strasburgo. La legge di stabilità è stata la goccia fatto traboccare il vaso. Quest’Europa, dunque, va ripensata alla radice. Non è possibile che chi dà direttive politiche governi, sia una commissione europea che è forte di 13.000 funzionari e poi altri 7/8000 impiegati che circondano i cosiddetti ministri europei con addirittura riunioni settimanali, come se fosse un’azienda. I Consigli dei Ministri Nazionali non si tengono ogni settimana, od ogni mese, si fanno quando ci sono delle scadenze e dei progetti di cui, come dire, il soggetto promotore è la politica. Lasciamo stare chi è presente nel Consiglio dei Ministri: la politica, cioè l'attività dell'uomo, nella gestione  della cosa pubblica, è padrona della macchina del Consiglio dei Ministri. Per cui sono i partiti, è la politica, che decide quando riunirsi su cosa. Aver costruito questo meccanismo in cui c’è una riunione fissa a settimana, vuol dire che il politico che va in Europa, sperando di essere autonomo, verrà disilluso. Il potere è in mano a questa burocrazia e tecnocrazia terribile  che vuole imporre la propria volontà senza avere una legittimazione vera dagli stati ed dai popoli europei. Dunque l’Europa va ripensata a fondo, oppure ci si comincia sganciare. Io sono, come politologo internazionalista, tendenzialmente favorevole alle grandi unità statuali, e anche alle monete transnazionali -  quindi non sono aprioristicamente contro l’euro - ma o cambia ila situazione, oppure l’unica via è quella dell’uscita dall’euro per riconquistare una politica di piena sovranità nazionale”.

Tratto da : Lindro

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